Sono molto legato a questa città, lo sono da tempo immemore. La televisione era ancora in bianco e nero e Bruno Lauzi cantava una canzone, Genova per noi, che mi aveva davvero stregato. Solo più tardi scoprì che quella canzone era stata scritta da Paolo Conte.
Ricordo ancora come le parole della canzone non abbandonassero la mia testa, soprattutto ripetevo, quasi fosse un mantra, quel verso che dice: “Genova per noi / Che stiamo in fondo alla campagna. Per me che ho sempre vissuto nell’ex-paesotto a nord di Milano, diventato città nel secondo dopoguerra e fagocitato dalla grande metropoli, la campagna del nord-ovest italiano non era un concetto così astratto: allora passavo i miei fine settimana di ragazzino nella frazioncina a ovest di Milano, sulla statale che conduce a Novara, in mezzo ai campi, alle robinie e ai fontanili.
A 16 anni i miei genitori mi regalarono una moto, un 125 nero costruito a Varese, che ben si intonava con la mia tenuta di allora: quella canonica, fatta di pelle nera e borchie, di un metallaro. Metallaro sì ma con ancora bene in mente le parole di Paolo Conte: Genova, dicevo, è un’idea come un’altra. Era venuto finalmente il momento di partire all’avventura, di affrontare il mio primo vero viaggio, e il passo dei Giovi era lì da secoli che mi aspettava.
Viaggiare con una moto di soli 125cc, significava, allora come oggi, non poter utilizzare l’autostrada A7, ma dover percorrere la statale 35, attraversando Pavia, Voghera, Tortona e dopo Serravalle Scrivia ci si inerpicava (si fa per dire) verso il Passo dei Giovi che, anche se situato ad un altitudine modesta, era pur sempre il primo passo montano che affrontavo, alla guida di un mezzo meccanico.
La vista del cartello stradale “GENOVA” fu davvero una grande emozione, tanto che ancora oggi mi pare di ricordare, per filo e per segno, il paesaggio urbano che da Pontedecimo, passa per Bolzaneto, Rivarolo, Sampierdarena, sino ad arrivare a piazza Caricamento.
E sotto la Lanterna torno sempre volentieri: quelle che vi mostro oggi sono alcune delle foto che ho scattato, durante l’ultimo dei miei giri nel centro storico, in due sestieri tra il porto e la foce.















In Via del Campo, proprio quella cantata da Fabrizio de André, una volta c’era una piccola bottega di dischi, il suo proprietario, Gianni Tassio, era un grande amico del cantautore ed era una persona molto cordiale ed affabile, tanto che era solito intrattenersi con chiunque entrasse nel suo negozio, raccontando aneddoti su de André e sulla città che loro due tanto amavano: inutile dire che ogni volta che passavo da quelle parti, andavo a trovarlo.
Il signor Gianni ci ha lasciato nel 2004, ed oggi nei locali del suo negozio, in via del Campo 29 rosso, è stato aperto un museo dedicato alla scuola genovese della canzone d’autore: in questo mio ultimo passaggio nel capoluogo ligure, non ho avuto il tempo per visitarlo un’altra volta e se posso darvi un consiglio, fateci un salto anche voi. Vi lascio il link.
Eppur parenti siamo un po’
Di quella gente che c’è là
Che come noi è forse un po’ selvatica
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